Caro Dagnino
Non mi è chiaro cosa vuoi sapere. Io mi riferisco al fatto che il virus fa il suo mestiere di virus e segue le leggi dell’evoluzione, come del resto anche noi. I virus ad RNA hanno una veloce capacità di evolvere, cioè hanno una veloce capacità a produrre nuove mutazioni. Poiché il virus è un parassita obbligato, non può replicarsi se non nel suo ospite, di cui utilizza sia i macchinari replicativi sia l’energia, massimizzando la sua capacità a mutare quanto più a lungo permane in un singolo individuo o quando in un’ampia comunità, passa facilmente da un individuo all’altro.
Premesso che conosce molto bene il nostro metabolismo (molto più delle attuali conoscenze che l’uomo possiede su di esso) attua una serie di strategie metaboliche: 1) silenziando e controllando alla perfezione l’intero sistema di allarme immunitario che l’uomo possiede contro le invasioni esterne 2) replicandosi senza che l’organismo se ne accorga, 3) bloccando molte vie metaboliche difensive umane. Nei primi quattro-cinque giorni la sua capacità replicativa è al massimo (produce l’80-90% dei nuovi virioni) ed è il momento in cui si possono produrre delle mutazioni. In questa fase non ci sono sintomi apparenti. In genere è verso il 6-7° giorno che puoi fare una diagnosi dai primi sintomi (quando cominciano ad essere immessi nel flusso sanguigno i nuovi virioni e l’organismo percepisce di essere stato attaccato). L’altra cosa da puntualizzare è che questa infezione virale è massivamente a trasmissione aerea, attraverso gli aerosol.
Se ne traggono due conclusioni: a) più a lungo il virus permane in un singolo individuo, più gli diamo la possibilità di riprodursi e mutare (ci sono individui che per causa di altre malattie allungano l’infezione da SARS per alcuni mesi). Per impedire che il virus faccia tutto questo è necessaria la vaccinazione (altro non abbiamo); b) se permettiamo al virus di girare nella comunità ed infettare, anche in questo caso aumenta la probabilità che si determinino delle mutazioni. Poiché i fatti dimostrano che anche i vaccinati possono infettare (anche se con rischi personali enormemente inferiori) in una comunità in cui esistono anche i non vaccinati, e tenendo presente che la trasmissione è aerea, l’unico sistema per impedire la trasmissione del virus è la mascherina FP2.
È ovvio che i posti al chiuso sono quelli dove (se c’è un infetto) è maggiore la probabilità di infettarsi, in particolare se vi si permane a lungo per ore (al chiuso la carica virale si concentra ed aumenta), anche in presenza di mascherina. Con la mascherina la probabilità per il singolo al chiuso di inettarsi è mediamente bassa ma va valutata sul numero delle persone presenti. Come esempio, è stato sviluppato un modello matematico per una classe scolastica con 1 infetto (senza mascherina) e venti studenti con mascherina. In queste condizioni, mediamente si può avere un infetto ogni due settimane. Da qui sorge il problema, mai affrontato in Italia (ma chiaramente indicato e specificato dall’OMS), della sanificazione dell’aria ambientale nei luoghi pubblici e di lavoro chiusi (uffici. scuole, ristoranti, cinema, ecc...).
La conclusione è che, per contrastare il virus nella situazione attuale italiana, occorrono vaccinazione e mascherina insieme. La sola vaccinazione non basta, almeno per quanto ci si riferisce al comportamento piuttosto insensato della comunità italiana.
Spero di esserti stato utile
Un saluto