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8 marzo 2022, Fnomceo: nel Ssn donne sono maggioranza. Anaao: troppo poche nelle posizioni apicali
Le donne medico con meno di 70 anni, quindi potenzialmente in attività nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sono, seppur di stretta misura, più degli uomini: 169.477 contro 163.515, il 50,9% del totale. Un sorpasso nei fatti, non ancora sulla carta: dei 403.515 iscritti agli albi dei medici, la maggioranza, vale a dire 219.986, il 54,5%, sono uomini. Erano il 55% l'anno scorso, quando le donne superavano gli uomini solo tra i medici con meno di 65 anni; il 56% nel 2020. Ad affermarlo, i dati elaborati, come ogni anno in occasione dell'8 marzo, dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
La forbice si allarga, a favore delle donne medico, man mano che si scende con l'età: se consideriamo i medici con meno di 65 anni sono il 55%, sotto i 50 anni sono addirittura il 60%. Analizzando i dati per fasce di età di 5 anni, le donne sono la prevalenza in tutte le fasce sino ai 54 anni compresi. Il picco numerico si ha tra i 35 e i 49 anni di età, dove le donne costituiscono il 62% del totale. Tra i 40 e i 44 anni, in particolare, quasi due medici su tre, e precisamente il 64%, sono donne. La situazione tende a 'normalizzarsi', anche se la prevalenza è sempre femminile, tra i nuovi iscritti: sotto i 30 anni ''solo'' il 56% dei medici è donna. È invece soprattutto nelle fasce di età più avanzate che gli uomini detengono una maggioranza schiacciante: ad oggi, tra i medici over 70, sono il 73%. Del resto, quella della femminilizzazione della professione - riflette la Fnomceo - è una tematica moderna: appena 100 anni fa, le donne medico erano circa 200, per diventare 367 nel 1938. Medico fu però la prima donna a laurearsi nell'Italia unita: Ernestina Paper, originaria di Odessa, che discusse la sua tesi all'Università di Firenze nel 1877; seguita, l'anno dopo a Torino, da Maria Farné Velleda, seconda laureata d'Italia, sempre in Medicina.
Una femminilizzazione della professione medica, dunque, che diventerà ancora più evidente nei prossimi cinque anni, quando, secondo le proiezioni - calcola Fnomceo - avverrà il 'sorpasso' vero e proprio, anche sul totale dei medici. E che impone, anche in considerazione della crescente importanza delle professioni sanitarie e di cura legata alla pandemia di Covid-19 e alla cronicità, nuovi modelli organizzativi e sociali, oltre a un'attenzione particolare alla sicurezza.
«Il 9% degli infortuni denunciati all'Inail tra gli operatori sanitari tra il 2015 e il 2019 sono casi di aggressione - spiega il presidente della Fnomceo,
Filippo Anelli - e il 72,4% di questi episodi di violenza hanno riguardato le donne, con 7858 casi contro 3000. Dobbiamo fissare degli obiettivi semplici e ben definiti, che possano essere racchiusi in un documento, con l'obiettivo di prevenire le aggressioni negli ambienti di lavoro ma anche di studio». Proprio con questo obiettivo nasce a Bari, presso la facoltà di Medicina dell'università degli Studi Aldo Moro, il nuovo sportello del Centro antiviolenza comunale, che sarà inaugurato oggi.
Tra le Regioni, solo la Sardegna ha in prevalenza medici donna, che sono la maggioranza in tutti e quattro gli Ordini, Sassari Cagliari, Nuoro ed Oristano. Parità quasi raggiunta, sempre tra i medici, anche in Piemonte, con una differenza a favore dei 'dottori' di 900 iscritti, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo.
Dei 106 presidenti d'Ordine, 11 sono donna; 26 le vicepresidenti; 7 le presidenti delle Commissioni d'Albo Odontoiatri. Due le donne in comitato Centrale, Anna Maria Ferrari e Paola David. Due su quattro anche i Revisori: Maria Erminia Bottiglieri e Maria Teresa Gallea.
La sanità italiana è sempre più al femminile con le donne al 48% dei medici, con punte del 63,5% al di sotto dei 45 anni di età, e al 60% dei dirigenti sanitari, sottolinea una nota Anaao Assomed. Una crescita della presenza femminile che, però, non è supportata da reali progressi nella disponibilità di strumenti di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro o di effettiva parità nelle carriere, che troppo risentono del peso del lavoro di cura, appaltato quasi per intero alla componente femminile. Anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali è molto bassa (Pediatria 10%, psichiatria 25%, Ginecologia e ostetricia 17%). In un mondo di donne, in sostanza, comandano sempre gli uomini. Ecco perché "l'8 marzo 2022 deve diventare l'occasione per un rinnovato impegno delle organizzazioni professionali e sindacali dei medici, compresa l'Anaao, a cancellare ingiusti divari attraverso il superamento degli ostacoli della vita in corsia che frenano il decollo professionale delle donne, dal precariato ai percorsi di carriera, dal godimento dei congedi senza ricatti a condizioni di lavoro che rendano disponibile la moneta più preziosa in circolazione, cioè il tempo" aggiunge Anaao.
Un pensiero condiviso da Cimo-Fesmed che evidenzia come ci siano "sempre più donne medico nella sanità italiana, ma ancora pochi i loro ruoli di vertice e tante le discriminazioni sul lavoro". Secondo un sondaggio condotto su 1.415 dottoresse dalla Federazione, e diffuso alla vigilia dell'8 marzo, l'88% delle professioniste intervistate ritiene che le donne 'in camice bianco' possano subire discriminazioni sul luogo di lavoro e il 58,4% è consapevole di aver subito un trattamento differente perché donna. Un dato - riferisce Cimo - che si riscontra anche nel rapporto con i pazienti: dal sondaggio emerge infatti che uno dei commenti più frequenti è che "l'uomo medico è sempre professore e la donna signorina".