Politica e Sanità

set282022

Giornata Mondiale Cuore, oltre uno su tre muore per malattie cardiovascolari. Ruolo del colesterolo sottovalutato

Il colesterolo è oggi tra i principali responsabili delle oltre 18,6 milioni di vittime per patologie cardiovascolari nel mondo e che nel nostro Paese fanno registrare il 34,8% dei decessi. Ma oggi, dopo quasi tre anni di pandemia, qual è la percezione degli italiani? A fare il punto della situazione in occasione della Giornata Mondiale del Cuore 2022 l'indagine SWG per Sanofi presentata a Milano in occasione dell'incontro "La prevenzione che sta a cuore. Malattie cardiovascolari e colesterolo nei pazienti ad alto rischio: agire prima, in modo intensivo e efficace, per ridurre la mortalità". I dati non sono confortanti. Oltre il 40% degli intervistati sottovaluta i rischi legati ad alti livelli di colesterolo, mentre circa 1 su 3 ritiene che il rischio di mortalità legato all'ipercolesterolemia debba preoccupare solo chi ha problemi cardiaci pregressi. E ancora, meno di 1 su 2 (il 43% del campione) sa che è il colesterolo LDL ad essere dannoso per la nostra salute. Obiettivo della ricerca, condotta su un campione di oltre 1.200 soggetti di età compresa tra i 45 e i 74 anni, quello di analizzare la conoscenza delle malattie cardiovascolari, la percezione circa le conseguenze dell'ipercolesterolemia per offrire spunti di riflessione e stimoli concreti in occasione della Giornata Mondiale del Cuore. È in occasione dell'annuale appuntamento dedicato proprio a rilanciare l'attenzione del dibattito pubblico sulle patologie cardiovascolari e il loro impatto sulla nostra società che Fondazione Italiana per il Cuore, Società Italiana di Cardiologia (SIC), Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e Conacuore intendono, ancora una volta, richiamare l'attenzione su patologie la cui prevalenza è in aumento in diversi Paesi, tra cui l'Italia.

"Nel nostro Paese, oltre 1 decesso su 3 è imputabile alle patologie cardiovascolari, prima causa di morte sia per gli uomini (31,7%) che per le donne (37,7%). Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. La malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi economici per la società. In Italia, la prevalenza di cittadini che vivono con invalidità cardiovascolare è pari al 4,4 per mille" sottolinea Emanuela Folco, Fondazione Italiana per il Cuore (FIPC). 2Oggi è l'occasione per ribadire, ancora una volta, l'importanza di sensibilizzare il cittadino e il paziente a prendere a cuore la propria salute cardiovascolare a partire dalla prevenzione primaria, sottolineando come sempre la necessità di adottare corretti stili di vita e una sana alimentazione, ma anche e soprattutto secondaria laddove sia presente una condizione patologica che necessita di una presa in carico da parte dello specialista".

Ed è proprio attraverso la prevenzione che per il 92% degli intervistati i problemi cardiocircolatori possono essere evitati. A questa consolidata convinzione, però, non corrispondono azioni concrete di prevenzione e controllo: solo per il 17% del campione, infatti, è opportuno eseguire periodicamente visite di controllo, mentre solamente il 31% si è sottoposto ad una valutazione del rischio cardiovascolare negli ultimi 12 mesi.
"Il tema della prevenzione è di grande importanza per tutti noi, ma diventa cruciale quando si parla di paziente ad alto rischio cardiovascolare: chi è stato colpito da un evento cardiovascolare, infatti, corre un rischio elevato di andare incontro ad un nuovo infarto o Ictus negli anni successivi" sottolinea Ciro Indolfi, Società Italiana di Cardiologia (SIC). "Eventi che potrebbero essere sensibilmente ridotti - come ricordano le recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia - se venissero sempre più implementate le strategie di prevenzione secondaria. Proprio nella direzione di un trattamento precoce e rapido va l'abbassamento delle soglie di colesterolo LDL per l'accesso ai nuovi farmaci anti-colesterolo PCSK9, recentemente pubblicate in GU da AIFA". Farmaci "capaci di ridurre del 60% il livello di colesterolo LDL, dimostrando un chiaro beneficio clinico nei pazienti con elevato rischio cardiovascolare. Un cambio di rotta, quello avviato per la prima volta in Italia rispetto ad altri Paesi europei, per la prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari". Il paziente ad alto rischio cardiovascolare ha subìto uno o più eventi cardiovascolari ed è un paziente cronico che, come tale, va trattato. Sebbene sia spesso in terapia con farmaci orali come le statine e ezetimibe, continua a registrare alti livelli di colesterolo LDL. Per questo la sua gestione rappresenta oggi una delle principali complessità per i Sistemi Sanitari Nazionali.

"Per una corretta e appropriata presa in carico e gestione dei pazienti con malattia cardiovascolare nota ad elevato rischio di eventi occorre mettere in campo diverse azioni, anche attraverso una più efficace sinergia tra cure primarie, ospedale e territorio" sottolinea dal canto suo Giuseppe Di Tano Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). "Il controllo dei fattori di rischio attraverso un intervento farmacologico incisivo e precoce, il monitoraggio costante delle condizioni cliniche, la sensibilizzazione del paziente, del suo ambito familiare-sociale e del caregiver sull'importanza dell'aderenza alla terapia e alle norme di stile di vita consigliate, sono elementi fondamentali in grado di contrastare il rischio di andare incontro a un nuovo episodio cardiovascolare". Ma è proprio sulla percezione dell'ipercolesterolemia che c'è ancora tanto da fare: il 20% non conosce neppure i rischi derivanti da alti livelli di colesterolo, mentre per il 42% il controllo del livello del colesterolo dipende solamente dalla dieta alimentare e dall'attività fisica, trascurando quindi l'efficacia terapeutica.
Una condizione cronica, quella dell'ipercolesterolemia, con un impatto anche sulla vita del paziente: sale fino all'80%, infatti, la percentuale di persone con colesterolo alto che dichiara di aver cambiato le proprie abitudini, con maggior riguardo alla vita familiare (24%) e perfino lavorativa (11%).
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