I vaccini Pfizer e AstraZeneca si sono rivelati altamente efficaci contro la variante indiana del Covid dopo due dosi di prodotto. A rivelarlo è uno studio delle autorità sanitarie inglesi, precisando che con la seconda dose i due vaccini hanno assicurato un livello di protezione contro i sintomi della malattia della variante indiana pari a quello registrato per la variante inglese. I due vaccini si sono però rivelati efficaci solo al 33% contro il ceppo indiano a tre settimane dalla prima inoculazione, contro il 50% di efficacia contro quello inglese. ll vaccino Pfizer si è rivelato efficace all'88% nel fermare la malattia sintomatica della variante indiana due settimane dopo la seconda dose. Astrazeneca ha rivelato un'efficacia del 60% contro la variante indiana, del 66% contro quella britannica, percentuali dunque inferiori ma che possono derivare dal fatto - secondo gli autori dello studio - che le inoculazioni della seconda dose di Astrazeneca sono iniziate più tardi rispetto a quelle di Pfizer, che aveva ricevuto l'approvazione prima.
Lo studio britannico sulla variante indiana non ha inserito Moderna nelle ricerche, per carenza di dati a disposizione. Nel frattempo comunque la compagnia americana, per scongiurare la minaccia di nuovi ceppi del Covid, ha suggerito una terza dose per i soggetti più fragili alla fine dell'estate. La società americana, intanto, fa sapere che «ad inizio giugno» presenterà una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio nell'Unione europea per il suo vaccino anti-Covid per i 12-17 anni: lo ha detto al 'Journal du dimanche' l'amministratore delegato Ste'phane Bancel. Considerando che «entro l'estate tutti gli adulti che desiderano essere vaccinati avranno ricevuto una prima dose», Ste'phane Bancel ha stimato che «sarà poi necessario puntare molto rapidamente sugli adolescenti dai 12 ai 17 anni». Oggi, solo il vaccino Pfizer/BioNTech è autorizzato per i giovani di 16-18 anni in Europa; Pfizer ha anche richiesto l'autorizzazione per i ragazzi tra i 12 e i 16 anni e l'ha già ottenuta negli Stati Uniti. «L'ideale sarebbe proteggerli entro la fine di agosto. Se non vacciniamo in modo massiccio, non si può escludere il rischio di una quarta ondata», ha aggiunto l'amministratore delegato.
Per quanto concerne lo stop al vaccino italiano anti-Covid Reithera, la Corte dei Conti ha depositato le motivazioni. «L'assenza di un valido e sufficiente investimento produttivo non ha consentito di ammettere al visto di legittimità l'atto in esame», affermano i magistrati contabili. Nello specifico, illustra la Corte, il programma prevedeva un progetto di investimento finalizzato all'ampliamento dello stabilimento produttivo di Castel Romano e un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale destinato a completare la sperimentazione clinica del vaccino. Ma il progetto è «inconciliabile» con la normativa vigente secondo cui «le spese sono ammissibili nella misura necessaria alle finalità del progetto oggetto della richiesta di agevolazioni e non, come invece risulta dal progetto presentato, per le finalità generali - produttive o di ricerca, anche per conto terzi - perseguite da ReiThera», spiegano i giudici contabili, precisando quindi che il progetto di investimento produttivo «non può riguardare l'intero complesso aziendale ma solo determinate unità produttive». In breve l'investimento non può comprendere l'acquisto della proprietà della sede operativa della società, sita in Castel Romano. Al tempo stesso la spesa per la costruzione del solo impianto di infialamento e confezionamento sarebbe di 7,734 milioni di euro e dunque sotto la soglia minima di 10 milioni di euro «per la validità dell'investimento produttivo», come prevede la normativa. Alla luce delle motivazioni delle Corte, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha detto che «il Mise è disponibile a contribuire al progetto del vaccino ReiThera nelle forme e nei modi consentiti utilizzando diversi e innovativi strumenti previsti anche dalle nuove norme». Il progetto per la produzione del vaccino ReiThera finora è arrivato alla fase due delle sperimentazione, che si è conclusa in 25 ospedali italiani con mille volontari. Ora servono finanziamenti per procedere alla fase tre.